Limiti e vantaggi dell'economia circolare

30/10/2019 Autore: Redazione Anra

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Il Focus Pmi 2019, organizzato dallo studio Lexjus Sinacta, si è incentrato sullo stato dell'arte delle pratiche di circolarità nelle imprese italiane. Emergono da un lato esempi positivi, dall'altro la difficoltà di trovare gli strumenti per modificare il modello di business

L’economia circolare piace anche alle Pmi, più agili ad adottare innovazioni ai propri processi ma in difficoltà quando si tratta di reperire i capitali necessari. I chiaroscuri della circolarità sono stati affrontati nel corso del Focus Pmi 2019, decima edizione dell’Osservatorio nazionale ideato e organizzato da LS Lexjus Sinacta a Milano. Al centro dei lavori la ricerca su “L’economia circolare a sostegno delle piccole e medie imprese”, illustrata dal professor Fabio Iraldo dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Punto di partenza della dissertazione il concetto elaborato da Michael Porter secondo il quale produrre rifiuti conduce ad una perdita del valore economico, e viceversa ottimizzare anche gli scarti è indice di recupero dell’efficienza economica di un’impresa. 
L’economia circolare può essere applicata nei singoli casi secondo differenti chiavi di lettura: da un modello di “Ecodesign” che vede il concepimento di un prodotto secondo la facile agibilità e separabilità delle sue parti e componenti (quindi maggiormente adatto al riciclo), all’approvvigionamento con materie prime seconde con specifici fornitori per ridurre il consumo di materia inutile o sovrabbondante, fino all’efficientamento dei processi, alla vendita di un servizio (anziché lo specifico prodotto) e ad una collaborazione simbiotica con altre aziende per valorizzare i materiali reciprocamente.

Sulla circolarità i dati sulle PMI sono abbastanza confortanti (67% delle imprese ha messo in atto azioni specifiche, contro il 73% della media UE) e mostrano un livello quasi pari alle grandi aziende, se non migliore rispetto alla media nazionale effettiva.
Fattori di “circolarità” utilizzati da tutte le tipologie di aziende italiane sono legati per il 40% al packaging, con imballaggi composti da materiale riciclato, per il 70% a prodotti che contengono materiale riciclato, per il 25% a strategie per continuare a far vivere dopo l’uso il prodotto e per il 30% a speciali design per ottimizzare gli involucri dei prodotti.

Esistono però degli ostacoli all’adozione di modelli di business circolari che frenano le intenzioni delle Pmi. Secondo CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi), le aziende trovano difficoltà per la mancanza di adeguati incentivi, per elevati costi di investimento o trasformazione, come anche delle materie prime e per il limitato apprezzamento della clientela sugli sforzi intrapresi da un’azienda in materia di Economia Circolare. Ci sono poi questioni legate alla scarsa consapevolezza dei benefici economici ed ambientali e all’assenza di attori nella filiera, come anche problematicità nel reperire finanziamenti sul mercato di capitali, nel sostituire le materie prime con altre riciclabili (a causa dei vincoli normativi), e sui brevi termini nei quali possono essere intraprese strategie aziendali in materia. 

Ciononostante, secondo la ricerca pubblicata sul Journal of Cleaner Production 230, esiste una reale correlazione tra il livello di circolarità e le performance competitive: secondo un metodo statistico compiuto con la “cluster analysis”, i peggiori performer sono le imprese lineari; a seguire, i semplici informatori di circolarità, mentre a salire ci sono le aziende che si preoccupano solo dei propri processi produttivi (house keeper), i circular designer che coinvolgono in maniera attiva i propri clienti, e i “completi” che seguono il processo eco-compatibile nelle sue 5 fasi e possono contare su ritorni in assoluta crescita negli ultimi tre anni. Per quanto siano “migliori” gli ultimi tre modelli, però, minore è la loro percentuale di presenza nello schema complessivo delle imprese.

A corollare la ricerca, vi è un database di oltre 200 idee e progetti “best practice” che hanno alimentato la circolarità sul territorio nazionale: casi come grandi aziende (cfr Carlsberg o 3M) e PMI (cfr Nitrolchimica, Sol e Nettuno) sono esempi da considerare per imitare e creare nuove azioni desiderabili che possano superare le barriere vigenti e migliorare le condizioni ambientali dell’economia globale.