Resilienza e sostenibilità: il mantra del futuro

02/04/2020 Autore: Federica Maria Rita Livelli - Risk Management & Business Continuity Consultant

resilienza-e-sostenibilita-il-mantra-del-futuro

Il Covid-19 dilaga sempre più e ci rende consapevoli di quanto le malattie, non solo il virus del momento, ma anche quelle ancora “irrisolte”, affliggano l’intero Pianeta e siano una minaccia per l’umanità. Le organizzazioni devono essere in grado di dimostrare la propria resilienza organizzativa e “trasformativa” per far fronte a quella che è stata definita da Mario Draghi come “una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche” e porre le basi per lo sviluppo sostenibile e un futuro che riponga l’uomo al centro.

Un nuovo umanesimo e l’attuazione degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU: è giunto il momento di considerare la lotta alle diseguaglianze, la gestione del climate change, l’inquinamento ecc., i.e. tutte tematiche che dovranno rientrare nel piano di gestione dei rischi, dato che, se non affrontate, graveranno pesantemente sulla continuità operativa delle organizzazioni.

IMPATTO DEL COVID-19 SULLA SOCIETA’

Nulla sarà più come prima, questo pare assodato. Se da un lato ci troviamo ad affrontare l’emergenza sanitaria, dall’altro, con il passare delle settimane, è oramai sempre più imminente l’emergenza economica che si sta delineando minacciosa all’orizzonte e che impatterà pesantemente sulla società. La fine della globalizzazione, per come l’abbiamo vissuta, è già percepibile; inoltre, c’è chi afferma che, se anche ritorneremo alla normalità, le restrizioni di questi mesi rimarranno nel nostro “imprinting”, come anche l’utilizzo della tecnologia di massa e muovi modelli organizzativi si faranno strada.

Impatto economico/finanziario – Una volta superata l’emergenza sanitaria dovremo gestire gli effetti sull’economia reale a livello globale che già oggi stanno colpendo le imprese di ogni dimensione, le attività commerciali oltre che i bilanci degli Stati. L’Italia, come molti Stati che si trovano maggiormente colpiti da questa pandemia, deve far fronte ad un consistente indebitamento che ne indebolirà la capacità di ripresa e la ripresa economica. Inoltre, si fa sempre più concreto il rischio di recessione che non sarà di breve durata. Giorno dopo giorno l’attività economica e produttiva si contraggono e prende sempre più forma il rischio della mancanza di liquidità: se l'attività economica rallenta, rallentano anche i flussi di cassa e, i vari governi, compreso il nostro, si stanno muovendo per fornire liquidità consci del fatto che, nei periodi di grande paura, la liquidità assurge una connotazione importante e rassicura psicologicamente. 

Altresì importante è prepararsi a gestire il progressivo ritorno alla produttività, dal momento che avremo ancora un livello insufficiente di “immunità di gruppo” e un’elevata probabilità di nuovi contagi. Pertanto, come suggerito nell’articolo dell’inserto “Economia” Corriere della Sera dal titolo “Una strategia per fermare il covid-19 senza mettere in ginocchio l’economia mondiale”, nuove strategie mirate dovranno essere attuate. Tra queste: 

  • Utilizzare i dati emersi dalla tragedia per conoscere e gestire meglio il Covid-19.
  • Individuare i settori, le imprese ei i lavoratori da considerare centralmente rilevanti per il sistema produttivo, in modo razionale, partendo dalle imprese collocate centralmente nelle filiere produttive e, quindi, in posizioni tali da ridurre al minimo i problemi di approvvigionamento di prodotti intermedi e finali.
  • Mantenere lo smart working per i lavoratori più esperti, ma più anziani.
  • Attuare un sistema fiscale emergenziale per redistribuire i profitti delle imprese attive. 

Impatti commerciali/supply chain disruption

- La pandemia ha causato una flessione importante della domanda interna e della produzione nelle zone maggiormente colpite, con risvolti significativi anche sugli scambi internazionali tra Paesi, Cina inclusa. Inoltre, essendo la Cina il primo esportatore al mondo ed il secondo importatore, ne consegue che il suo rallentamento avrà un inevitabile impatto sui flussi di scambio a livello globale. Il Paese del Dragone, nonostante sembri aver superato la crisi sanitaria e stia “timidamente” ritornando alla normalità, deve comunque confrontarsi con la situazione emergenziale in cui si trovano i suoi partner commerciali. 

Il Covid-19 ci reso consapevoli di come una pandemia globale possa mettere a dura prova la supply chain: ognuno di noi dipende dall’altro e il rallentamento di un sistema economico si trasmette, inevitabilmente, con effetto domino, ai sistemi connessi e va aggiungersi al rallentamento locale. Altresì prendiamo coscienza del fatto che, per il momento, nessuno possa permettersi di essere autarchico; in futuro, molto probabilmente, molti governi chiederanno alle imprese di riportare la produzione a casa dopo anni di delocalizzazione, a fronte di nuove politiche fiscali ed occupazionali, per ovviare al rischio della supply chain disruption.
Ogni attore della filiera produttiva è un tassello strategico dentro ad un grande “puzzle”, per cui diventa strategica anche la possibilità di riconvertire la produzione, all’occorrenza, per fornire i prodotti più urgenti e, al contempo, cercare di “normalizzare” le attività. Anelli di una catena che non si deve spezzare, anzi deve garantire, ora più che mai, la prosecuzione di intere filiere. Le aziende che sono meglio preparate ad affrontare i rischi della supply chain, in genere, si riprenderanno più rapidamente di quelle che stanno appena iniziando a capire come rafforzare gli “anelli deboli”. 

Sarebbe auspicabile che, in questo momento critico, le aziende attuassero una valutazione della loro esposizione alle forniture che sono già state interrotte ed individuassero fornitori alternativi concentrandosi, altresì, sulle forniture che hanno maggior impatto sulle entrate. Contemporaneamente, altrettanto strategico risulterebbe individuare aree e mercati che non siano ancora interrotti dal dilagare della pandemia riducendo, in questo modo, il rischio di supply chain disruption.

In un’ottica di lesson learned, sarebbe altresì auspicabile iniziare a implementare i principi di Risk Management e Business Continuity in modo tale da prepararsi all’ulteriore evolversi della pandemia ed a future crisi, emergenze e disastri, risultando più resilienti e in grado di salvaguardare gli obiettivi dell’organizzazione.
La pandemia ha dimostrato a tutti la fragilità del modello di globalizzazione, soprattutto se le forniture dipendono da un solo paese, i.e. Cina. In futuro assisteremo ad una progressiva riduzione dell’interdipendenza economica tra il Paese del Dragone e resto del mondo. Inoltre, se da un lato, molte imprese (sia grandi che piccole) stanno già riorganizzando le proprie catene di fornitura, dall’altro, anche la Cina sembra voler ridurre la propria dipendenza tecnologica da Paesi in questo settore più all’avanguardia e sta aumentando la propria produzione interna. Il risultato sarà una progressiva fase di deglobalizzazione.

COVID-19, QUALI IMPATTI A LIVELLO GEOPOLITICO

La pandemia sta mettendo anche in discussione, oltre che la tenuta dei sistemi sanitari nazionali, anche gli equilibri tra i Paesi. Tutti sappiamo che l’Unione Europea ha avuto sempre difficoltà ad esprimersi con una politica estera comune e che l’attuale emergenza sanitaria si sta convertendo nel vero banco di prova delle velleità dei singoli Paesi contro un approccio realmente condiviso. Pertanto, l’Unione Europea è destinata ad uscire sconfitta da questa crisi se non si riuscirà a raggiungere un coordinamento unitario a discapito delle varie soluzioni nazionali. 

La politica di Trump, a suon di “American First”, evidenzia come, per la prima volta, gli USA si stiano sfilando dal ruolo di capogruppo di una crisi globale, concentrandosi su un’azione di contenimento nazionalista, lasciando, in questo modo, al Paese del Dragone il ruolo di guida di questa crisi pandemica. Di fatto la Cina è impegnata a “smacchiare” la propria immagine di “untore” del Pianeta e svolge sempre più un ruolo di partner sanitario globale, memore della sua esperienza nella lotta al Covid-19 su larga scala. Un vero e proprio banco di prova per il governo cinese nel gioco dello scacchiere politico globale: un esercizio di calibrato equilibrio tra public diplomacy e soft power. 
La gestione del Covid-19 avrà impatti inevitabili in termini geopolitici e implicherà l’adozione di modus operandi diversi e di attori che dovranno necessariamente modificare il proprio “ruolo” se vogliono continuare ad essere i “protagonisti” del palcoscenico mondiale. La politica delle frontiere aperte e della libera circolazione delle merci e delle persone dovrà essere ridiscussa, così come la delocalizzazione che, a fronte del prezzo da pagare per produrre, dovrà considerare anche i rischi della supply chain disruption, i rischi geopolitici e quelli legati ai dazi ed ai cambi, che renderanno meno profittevole trasferirsi in Paesi instabili o a rischio.

RESILIENZA E SOSTENIBILITA’

Resilienza è la “buzzword” del momento: la pandemia ci ha posto dinanzi all’esigenza di essere quanto mai resilienti, considerando anche interventi radicali per offrire nuove opportunità, rimuovere ostacoli. Siamo dinanzi ad un cambio di paradigma, sempre più coscienti della necessità di avviare un nuovo ciclo di sviluppo molto più sostenibile sul piano sociale e ambientale, oltre che economico. Insomma, non più organizzazioni concentrate sul solo profitto, bensì organizzazioni che, ora più che mai, devono riprogrammare le proprie policy, ripianificare i propri obiettivi, oltre che rivalutare le proprie priorità: organizzazioni consapevoli ed in grado di gestire i rischi ricadenti nell’area e nelle politiche di Environmental, Social and Governance (ESGs). Il mantra del futuro sarà: resilienza dei processi e della produzione, consapevolezza del fatto che ogni azione corrisponde una reazione - dentro e fuori dal confine organizzativo - in un’ottica di raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) che avranno un impatto positivo crescente sulla società.
Le organizzazioni dovranno essere in grado di aprirsi al dialogo, alla cooperazione già da adesso, dimostrando di agire in base a sistemi che garantiscono la responsabilità, la trasparenza, la legittimità e l’efficienza; tutti valori che devono essere impiegati per poter organizzare ed attuare una strategia di resilienza e gestione dei rischi che non può più essere delegata e deve sempre più orientata alla sostenibilità.

CONCLUSIONI
Quello che viviamo è un periodo tragico ma, al contempo, pregno di sfide e opportunità, quali: maggiore senso di responsabilità sociale, solidarietà reciproca, responsabilità nazionale.
Un nuovo modello di economia sociale di mercato si diffonderà in sostituzione dei modelli produttivi ed organizzativi oramai inadeguati a garantire lo sviluppo e la continuità. Anche il concetto di lavoro si trasformerà, favorendo un’occupazione di qualità quale risultato di un calibrato equilibrio di vita privata, vita sociale e vita lavorativa. Ne uscirà facilitata la diffusione di una nuova cultura d’impresa che svilupperà il concetto di una azienda fattasi luogo, in cui le diverse istanze, quella imprenditoriale e quella del lavoro, si incontrano nella forma di una vera e propria “comunità di destino”. 
Questo periodo di crisi sottopone le organizzazioni ad un notevole stress psicologico; tuttavia, se esse adotteranno un approccio pragmatico e saranno supportate da una leadership razionale e dagli esperti di Risk Management e Business Continuity, riusciranno a reagire prontamente e a garantire la propria operatività. Indubbiamente, la situazione contingente induce le organizzazioni a dare la priorità alle urgenze, ma è altresì necessario saper distinguere cosa è urgente da cosa è importante in quanto, se non dedicheranno il necessario tempo alle cose importanti, ma solo a quelle urgenti, quelle importanti non le faranno mai; e le cose importanti non devono essere trascurate in quanto costituiranno la base per il futuro e per una ragionata resilienza.