La crisi dei trasporti
09/05/2020 Autore: Maria Moro
Prima la chiusura della Cina, ora il lockdown in Europa: le dinamiche consolidate di approvvigionamento sono saltate, tra confini chiusi, porti che non imbarcano, aziende che non ricevono. La ripresa del settore sarà lenta. E forse si tonerà a rivalutare il treno
Il naturale coordinamento tra imprese e trasporti è in crisi almeno da febbraio. Se a inizio anno le aziende europee avevano subìto il rallentamento delle catene di approvvigionamento che partivano o transitavano dalla Cina, ora che il colosso cinese è ripartito il lockdown si è trasferito in Europa. I trasporti marittimi sono al minimo, i confini europei sono chiusi, dal punto di vista economico stanno lavorando bene solo i settori dei beni di prima necessità che hanno continuato ad operare. Per il resto, si spera che il timido riavvio di fine aprile possa consolidarsi, possibilmente con un effetto di rimbalzo per tutti i mercati.
Il settore dei trasporti, consolidato nelle sue abituali dinamiche, si è trovato al centro della crisi, preso tra i molti fuochi di ambiti produttivi che non lo alimentano più. Ai primi di febbraio, il timore per il blocco dei trasporti aveva come epicentro i porti cinesi, in cui migliaia di container erano fermi ad attendere navi che non avevano il permesso di approdo e operatori bloccati dalla quarantena, imposta per limitare il dilagare del coronavirus. L’esplosione del Covid-19 in Europa ha spostato il problema nel continente, dove una delle prime reazioni è stata la chiusura dei confini nazionali, inclusi quelli tra le nazioni dell’Unione Europea sebbene non ci fosse stata una formale sospensione del Trattato di Schenghen. Se il blocco del trasporto passeggeri è stato prima di tutto una conseguenza della repentina chiusura delle frontiere (anche regionali, oltre che statali) e dell’imposizione della quarantena, la sospensione del trasporto merci ha creato notevoli difficoltà nel mantenere attive le catene di approvvigionamento continentali, necessarie per le imprese attive e soprattutto per garantire il rifornimento dei beni di prima necessità.
La debolezza di Schenghen
La Commissione Europea ha istituito a questo scopo le green lines, “corsie verdi” lungo le quali è garantito in sicurezza il traffico merci tra i paesi. La soluzione prevede la sospensione delle misure dei governi nazionali, che limitavano in maniera unilaterale la circolazione delle merci, e la conseguente creazione delle corsie verdi per il trasporto commerciale, in parallelo vengono temporaneamente ridotte le pratiche burocratiche che gli autisti sono tenuti a svolgere e viene stabilito un tempo di attesa massimo di 15 minuti.
Per quanto riguarda il trasferimento delle persone, la Commissione ha invitato gli Stati membri a predisporre corridoi di transito sicuro per conducenti privati che hanno l’esigenza di muoversi da uno Stato all’altro. L’indicazione è di seguire le direttrici della rete infrastrutturale stradale e ferroviaria europea Ten-T, attenendosi al percorso designato e riducendo al minimo le pause. La Commissione ha inoltre richiesto agli Stati di garantire l’operatività di almeno uno scalo marittimo e aeroportuale, anche per il rimpatrio delle persone.
No ai porti cinesi, sì ai treni
Se il trasporto merci è il primo indicatore dell’andamento dell’economia, le prospettive per il 2020 non sono affatto buone. Secondo il gruppo di ricerca Ti-Insight, nel 2020 il trasporto su gomma potrebbe registrare una contrazione fino al 17%, dovuta primariamente alla contrazione dell’attività economica (che riguarda tutte le prime cinque economie europee), ad un calo della domanda e alla saturazione dei centri di stoccaggio, a cui si andranno ad aggiungere maggiori costi di trasporto. In un’analisi pubblicata da Ispi, il settore del trasporto merci europeo è considerato il motore di quasi il 27% del Pil e dà lavoro a circa 4 milioni di persone. Il trasporto su gomma, in particolare, protagonista fino all’“ultimo miglio” delle consegne, conta per il 75,3% del totale (contro il 18,7% della ferrovia) e da solo alimenta il 20% del Pil europeo.
La situazione globale, e cinese in particolare, ha determinato però un interessante “cambiamento di rotta”. Secondo quanto riportato nel sito Railfreight.com, nel mese di marzo il numero di container trasportati per via ferroviaria tra Cina e Unione Europea è aumentato del 36% - del 30% il numero dei vagoni aperti - mentre il numero di treni ha segnato un aumento del 15%. La ragione va ricercata nelle difficoltà del trasporto marittimo, che se da un lato sta riprendendo l’attività dopo il blocco per l’epidemia, richiede tempi lunghi di percorrenza non compatibili con i ritardi accumulati per le consegne. Dall’altro lato, il trasporto aereo ha segnato un forte aumento dei prezzi cargo.
Un report del centro studi internazionali Cesi, stima la crisi del commercio sulla base del traffico di container tra Cina e resto del mondo, in considerazione del fatto che nella Repubblica Popolare risiedono sette dei dieci maggiori porti per container al mondo e l’80% del commercio internazionale si muove via mare: già fra la seconda metà di gennaio e l’inizio febbraio (complice però anche il Capodanno cinese) si sarebbe verificato un netto calo sia in termini di TEU (twenty-foot equivalent units) che in termini di navi cargo, una drastica diminuzione delle spedizioni è stata confermata anche da diverse compagnie marittime.
La situazione critica del trasporto italiano
Dai trasporti internazionali ai corrieri, la logistica italiana sta soffrendo oltre misura il coronavirus. Secondo Confetra, la confederazione generale italiana dei trasporti, solo nei primi due mesi dell’anno i volumi movimentati si sarebbero ridotti del 35-45% rispetto all’anno precedente; i trasporti merci ferroviari dall’avvio del lockdown hanno subito un calo del 50% dei volumi movimentati, ma anche le attività di corrieri e consegna finale da metà marzo hanno subito una contrazione con picchi fino al 70%. Per quanto riguarda il cargo aereo, a marzo si è registrata una contrazione del 40-50% rispetto al precedente mese di febbraio, che già aveva risentito del blocco dei traffici da e per la Cina. Il trasporto marittimo registra un calo generalizzato, con punte del 20% nel Nord Adriatico e una contrazione del 10-15% nel Tirreno Centro Settentrionale, ma i dati sono calcolati su merci che fanno riferimento ad ordinativi in giacenza, e per questo si stima che il calo reale sia del 20-30%.
Le previsioni per Confetra non possono che essere negative: il Centro Studi prevede per aprile una contrazione ulteriore tra il 40 ed il 60% dei volumi residui movimentati rispetto a marzo, un trend che potrà rallentare a maggio solo con un allentamento del lockdown produttivo. Le conseguenze della chiusura produttiva e commerciale potranno essere ridotte solo da una ripartenza, nei limiti delle innegabili esigenze di tutela della popolazione.