Sei aziende su dieci temono per la liquidità
02/09/2020 Autore: Redazione ANRA
Secondo un’analisi di Unioncamere avranno meno difficoltà le imprese che operano con l’estero e che hanno un buon livello di digitalizzazione. Soffrono maggiormente le micro imprese e quelle dei settori turismo e servizi.
La crisi di domanda che si è innescata con la pandemia Covid-19 e il clima di incertezza sui tempi del recupero, con l’incognita delle probabili criticità sui mercati globali, fanno temere a molte imprese italiane di non poter generare i flussi di cassa necessari a garantire l’ordinaria operatività.
È quanto risulta da un’analisi su 1.380 mila imprese con almeno un dipendente, condotta da Unioncamere con Anpal tra il 22 giugno e il 6 luglio scorsi, per valutare le prospettive occupazionali a seguito dell’emergenza Coronavirus.
In Italia sono quasi 780mila (il 58,4% del totale) le aziende che prevedono di avere problemi di liquidità nei prossimi sei mesi e poco meno di 565mila (il restante 41,6%) quelle che prospettano un futuro meno difficoltoso sul versante finanziario.
Meno preoccupate sono le imprese che già all’inizio della pandemia operavano stabilmente sui mercati internazionali e quelle con strategie avanzate e integrate di digitalizzazione: questi segmenti mostrano una solidità finanziaria relativamente maggiore, con rispettivamente il 48% e il 45% dei relativi totali che non segnalano difficoltà (tra i 6 e i 3 punti in più della media).
Al contrario, soffrono maggiormente le micro imprese (1-9 dipendenti) per le quali raggiunge il 60,4% la quota di quante segnalano un insufficiente livello di liquidità, una situazione che migliora sensibilmente al crescere della dimensione di impresa, arrivando al 44% nelle imprese con più di 250 dipendenti.
NEL TURISMO E NEI SERVIZI LE IMPRESE PIÙ A RISCHIO
La ristorazione e i servizi legati alla filiera del turismo rappresentano il settore più colpito dagli effetti della carenza di liquidità, segnalata da poco meno di tre quarti delle imprese (73,8%), dal momento che segmenti importanti del comparto, come quello legato alle presenze straniere nelle città d’arte, hanno ripreso solo molto marginalmente. Problemi di liquidità superiori alla media del comparto terziario anche per gli altri servizi alle persone (che comprendono anche le attività ricreative, culturali e sportive) e per l’istruzione e la formazione private.
Tra i settori industriali è, invece, la filiera della moda ad aver risentito più sensibilmente delle conseguenze del lockdown, tanto che problemi di liquidità sono indicati dal 68% delle imprese di questo settore, ma quote superiori al 60% si osservano anche nel legno-arredo e nell’industria della carta. Situazione di sostanziale equilibrio tra le imprese con e senza problemi di liquidità nella meccanica e nelle industrie elettriche ed elettroniche.
Più intensa la carenza di liquidità nel Sud e Isole (la mettono in luce due terzi delle imprese) e nel Centro (60,3%), mentre nelle regioni settentrionali il problema è segnalato nel 53-54% dei casi.