Quali spazi per la medicina digitale

02/11/2020 Autore: Redazione ANRA

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I mesi trascorsi in piena pandemia rallentano la possibilità di ricorrere a servizi medici ma hanno anche l’effetto di aumentare l’attenzione individuale per la salute. Sono due presupposti utili per un’accelerazione della sanità digitale, che deve però crescere in cultura e sicurezza sui dati.

Siamo ancora lontani da un sistema sanitario che integri completamente le modalità di medicina digitale, ma i mesi di Covid-19 stanno rivitalizzando il tema e soprattutto avvicinando un po’ di più i cittadini alle tecnologie, anche in ambito sanitario.
L’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano ha registrato un’accelerazione culturale e progettuale sull’argomento da parte di tutti gli interessati, manager, medici e cittadini. A fare da tramite è la diffusione delle app, che stanno piano piano creando confidenza con il digitale anche in questo settore, anche se rimane nettamente prevalente la preferenza per il dialogo con il medico e la valutazione diretta dei sintomi.

Nel 2019 la spesa per la Sanità Digitale era cresciuta del 3%, raggiungendo un valore di 1,43 miliardi di euro e confermando il trend di crescita già osservato negli ultimi anni; per il 2020, il 47% dei Cio delle aziende sanitarie si attende una crescita degli investimenti per la sanità digitale. Il boom di interesse per la telemedicina durante il lockdown ha portato a un aumento delle sperimentazioni: il 37% delle strutture sanitarie sta sperimentando il tele-monitoraggio (27% nel 2019) e il 35% la tele-visita (15% nel 2019). Tra i medici, il 57% dei medici specialisti e il 50% dei medici di medicina generale (Mmg) si attende un impatto rilevante delle Terapie Digitali sul sistema sanitario nei prossimi cinque anni, con modalità per ottimizzare la cura del paziente sia di concerto a farmaci, dispositivi o altre terapie, che in maniera autonoma.

Le app sono un’opportunità

Sono molti i medici che già consigliano ai propri pazienti le app per la salute, tra cui quelle per migliorare l’attività fisica (44% degli specialisti e dei Mmg), quelle per ricordarsi di prendere un farmaco (36% specialisti e 37% Mmg) e quelle per monitorare i parametri clinici (35% specialisti e 40% Mmg).
Dal canto loro, anche i cittadini hanno una crescente familiarità con le nuove tecnologie, incrementata nel corso dell’emergenza sanitaria quando il 71% di coloro che hanno avuto bisogno di informarsi sui corretti stili di vita lo ha fatto sul web. La rete è di riferimento anche per il 74% di chi cerca informazioni su problemi di salute e malattie e per il 73% di chi vuole informarsi su farmaci e terapie. La familiarizzazione con le app per la salute si fa strada attraverso le più utilizzate, che sono quelle per mettere alla prova le abilità mentali (usate dal 28% dei cittadini intervistati), per aumentare l’attività fisica (23%) e per migliorare l’alimentazione (14%); in particolare l’utilizzo è più diffuso tra i giovani: il 28% dei 25-34enni usava app per l’alimentazione già prima del Covid così come il 35% dei 15-44enni le utilizzava per migliorare l’attività fisica.
Dall’altra parte del monitor, diverse istituzioni, aziende sanitarie e altri enti hanno introdotto chatbot per rispondere in maniera automatica alle principali richieste da parte dei cittadini sul tema Covid. L’utilizzo da parte dei cittadini per l’autovalutazione dei sintomi è però ancora limitato a un 10% medio, con punte del 20% nella fascia dei 35-44enni, meno interesse per le app che monitorano i parametri clinici (9%), rilevano sintomi (5%) e suggeriscono una diagnosi o un trattamento (6%) – ma va tenuto conto che l’80% del campione intervistato si dichiara sano.

Guardando al futuro quindi, sarà importante poter contare su app certificate e affidabili e sul ruolo dei medici come promotori dell’utilizzo di sistemi digitali a supporto del percorso terapeutico. Certamente a questo punto diventa rilevante il tema della sicurezza dei dati e della loro integrazione all’interno dei sistemi informatici del servizio sanitario, così da poter abilitare percorsi di medicina preventiva e personalizzata.