La Pubblica Amministrazione per la ripartenza

01/02/2021 Autore: redazione ANRA

la-pubblica-amministrazione-per-la-ripartenza

La pubblica amministrazione avrà un ruolo fondamentale nell’applicazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e del Next Generation EU, ma per questo è necessario spingere il trend di efficientamento già in atto e accelerato dalla pandemia.

La pandemia di Covid-19 ha messo in luce tante carenze della pubblica amministrazione italiana, ma allo stesso tempo ha fatto emergere più di un elemento di positività, rendendo tangibile l’esigenza di portare a termine il percorso di rinnovamento già intrapreso. L’accelerazione è ora improcrastinabile, richiesta come tappa necessaria all’applicazione del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” e del “Next Generation EU”: serve ringiovanire il personale delle amministrazioni, una maggiore focalizzazione sugli obiettivi, ma anche una maggiore attenzione e ascolto verso le esigenze di tutta la società.
Da questo punto di vista il 2020 ha portato alla riscoperta del ruolo dei servizi pubblici (su tutti quelli della sanità), del passaggio allo smart working anche nel settore pubblico, delle nuove procedure per i concorsi, del lancio di successo dell’app IO, del boom di Spid, della semplificazione per gli acquisti di tecnologia nella PA. Ma parallelamente ha mostrato ancora lati di inadeguatezza agli standard necessari per supportare una società che deve crescere: il fallimento del click day INPS e del bonus bici, così come i ritardi nell’erogazione della cassa integrazione hanno evidenziato le scarse competenze digitali e la bassa propensione all’innovazione, spesso ingessata da una burocrazia difensiva e ancora troppo centrata sul rispetto formale dei processi invece che sul raggiungimento dei risultati. Sono queste le linee che emergono dall’Annual Report 2020, il volume di FPA, società del gruppo Digital360, che ogni anno analizza i principali dati e fenomeni di innovazione nella Pubblica Amministrazione italiana.


Serve immettere forze giovani

Il 2021 richiederà alla PA di assumere un ruolo cruciale per l’Italia del futuro, per cui serve sburocratizzare, semplificando e velocizzando le procedure; rinnovare le risorse umane, con formazione e motivazione della dirigenza; e spingere la digitalizzazione. Non è un passaggio facile se si osserva la fotografia della PA che esce dal Report FPA: i dipendenti pubblici italiani sono 3,2 milioni (al di sotto della media percentuale europea, e molto inferiore a quella degli efficienti paesi del Nord Europa), con un’età media di 50,7 anni, di cui il 16,9% over 60. Il numero di pensionati sta per raggiungere quello degli impiegati: al 1°gennaio 2020 erano circa 3 milioni e destinati a salire, con 540.000 dipendenti pubblici che avevano compiuto 62 anni e 198mila che avevano maturato oltre 38 anni di anzianità.
Il 2020 è stato l’anno dello smart working dei dipendenti pubblici, per la maggioranza un’esperienza completamente nuova: nel sondaggio FPA di maggio 2020 per l’87,7% di loro è stata la prima volta, l’88% ha giudicato l’esperienza di successo, il 69,5% ha potuto organizzare e programmare meglio il lavoro e il 34,9% ha lavorato in un clima di maggior fiducia e responsabilizzazione, inoltre, per il 41,3% l’efficacia lavorativa è migliorata. Il rinnovamento dei lavoratori, con l’inserimento di forze giovani e più preparate, andrebbe a supportare la maggiore efficienza e velocità nell’adattamento alle tecnologie digitali.


Più strumenti per il cittadino ma poca formazione per i dipendenti

Altro punto dolente sono le competenze: in 10 anni la spesa in formazione si è quasi dimezzata (-41%), dal 2008 al 2018 si è passati da 262 a 154 milioni di euro di investimento, offrendo una media di 1,02 giorni di formazione l’anno a persona. La ministra della PA Fabiana Dadone a settembre ha presentato il Programma di Innovazione Strategica della PA, con nuove politiche di reclutamento e ripensamento della formazione, ribadendo quanto descritto nel Piano Colao per un Piano risorse umane PA. La mancanza di formazione ha svelato tutte le sue gravi conseguenze in piena pandemia, specie sul digitale, a causa della remotizzazione del lavoro. La risposta italiana è stata la pubblicazione della Strategia Nazionale per le Competenze Digitali che delinea gli obiettivi strategici e definisce quattro assi su cui intervenire: l’istruzione e la formazione superiore, la cittadinanza, la forza lavoro attiva e lo sviluppo di competenze specialistiche ICT.
L’emergenza del 2020 è stata un forte elemento di crescita digitale che certamente farà da traino ad un efficientamento complessivo: da gennaio a dicembre 2020 le identità digitali SPID sono passate da 5,4 milioni a 14,1 milioni, le transazioni su PagoPA da 81,7 milioni a oltre 165 milioni, i Comuni nell’ANPR (anagrafe nazionale della popolazione residente) da 5.310 a più di 7.000, con 54,6 milioni di cittadini presenti in anagrafe unica. L’app IO per l’accesso ai servizi pubblici digitali, rilasciata ad aprile, ha raggiunto 9 milioni di download. I Responsabili per la Transizione Digitale sono aumentati dai 5.432 di gennaio ai 6.183 di novembre. Un’accelerazione registrata anche dai cittadini che per il 57% ha colto una PA “più digitale”. In questo senso, il Rapporto ICity Rank di FPA ha fotografato i passi avanti delle città in servizi digitali, app municipali e digitalizzazione delle reti cittadine (anche se con differenze tra Nord e Sud), che dimostrano come le limitazioni alla mobilità e agli assembramenti abbiano accelerato i processi di innovazione degli enti.