CATBOND: WHY IS THE HORSE NOT DRINKING? UN'INDAGINE SUL MERCATO DELLE IMPRESE ITALIANE

11/03/2021 Autore: Chiara Zaccariotto

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Nonostante l'Italia sia un Paese ad altissima esposizione alle catastrofi naturali, la diffusione dei CAT Bonds e di strumenti simili è molto limitata, a livello privato quanto aziendale. Il paper realizzato in collaborazione tra ANRA, Università degli Studi di Milano, Università di Parma e Università degli Studi di Firenze, cerca di spiegare questo fenomeno partendo da un’indagine condotta su 647 aziende italiane e operatori economici di diverse dimensioni e industrie, e fornendo un’analisi sia dal punto di vista giuridico che economico.

Gli eventi catastrofici derivanti da fenomeni geologici o climatici così frequenti in Italia, in passato come di recente, hanno evidenziato ancora una volta la necessità - condivisa da diversi stakeholder - di affrontare il tema del livello di copertura assicurativa disponibile nel Paese e, più in generale, di come mitigare efficacemente i rischi a carico degli imprenditori italiani esposti ad eventi catastrofici. Assumendo che sia auspicabile una maggiore copertura assicurativa attraverso specifici strumenti assicurativi e / o finanziari e tenendo conto delle specificità intrinseche delle imprese italiane, il paper affronta un tema finora solo parzialmente indagato, partendo da una riflessione: i CAT bond sono davvero utili alle aziende per fronteggiare i rischi catastrofali? Quali sono le ragioni della loro scarsa diffusione?

Il documento offre un’analisi giuridica, anche comparativa, ed economica dei CAT bond, mettendone in evidenza sia i potenziali vantaggi sia i possibili limiti. La tesi principale è che i CAT bond possano svolgere un ruolo significativo nel rispondere alla necessità di copertura assicurativa contro i rischi catastrofali, ma non in modo così automatico. Il paper, infatti, evidenzia come questi strumenti possano contribuire a ridurre i costi complessivi delle compagnie assicurative e, quindi, delle polizze assicurative diminuendo il rischio effettivo sopportato dagli assicuratori, dati però alcuni oneri regolamentari. Di conseguenza, l'utilizzo di CAT bond da parte delle compagnie di assicurazione e di riassicurazione può favorire l'offerta di polizze assicurative con premi inferiori e / o condizioni più favorevoli. Si sostiene quindi che l'eliminazione di alcuni limiti regolamentari all'utilizzo dei CAT bond possa costituire una delle misure per incentivare, seppur indirettamente, le coperture assicurative contro i rischi derivanti da eventi catastrofici. 

L'obiettivo perseguito dagli autori non è, tuttavia, quello di offrire un'analisi meramente teorica del fenomeno, ma di affrontare i CAT bond nel contesto del mercato attuale prestando la massima attenzione alla comprensione dei bisogni e dei limiti percepiti dalle aziende potenzialmente interessate. Questo approccio, pratico e non semplicemente teorico, mira a fornire un contributo efficace ed innovativo al dibattito in corso sulla necessità di offrire al mercato italiano maggiori coperture assicurative contro i danni da eventi catastrofali. 

IL SENTIMENT DELLE AZIENDE 

I dati empirici provengono da un sondaggio condotto su un campione di 647 membri ANRA, con l'obiettivo di registrare e comprendere le esigenze dei risk manager e delle società con specifico riferimento ai rischi derivanti da eventi catastrofali e al mercato degli strumenti assicurativi disponibili. Oltre il 27% dei rispondenti (Figura 1) sono Risk e Insurance Manager operanti all'interno di aziende o come advisor in outsourcing, il 22% compagnie di assicurazione o riassicurazione, il 17% altre funzioni aziendali suddivise in differenti settori, 17% broker, 9% periti e 8% intermediari assicurativi.
La percentuale più alta di intervistati (38%) opera in una grande impresa (oltre 251 dipendenti e con più di 50 milioni di euro di fatturato annuo), il 30% in una micro impresa (meno di 10 dipendenti), mentre arriva al 16% la quota di chi lavora in una piccola (da 11 a 50 dipendenti e tra 2 e 10 milioni di fatturato) o media (da 51 a 250 dipendenti e tra 10 e 50 milioni di euro di fatturato) realtà. All’interno del campione, la maggior parte delle organizzazioni (76%) non è quotata, ma la percentuale di società quotate (24%) è piuttosto rilevante considerando il mercato italiano. Tra coloro che hanno selezionato un'opzione tra mono e multi-business c'è una prevalenza della prima tipologia, che rappresenta il 62% del totale.

Coerente con la dimensione aziendale è il risultato della suddivisione tra realtà appartenenti o meno a un gruppo internazionale: il 60 % non ne fa parte (dato compatibile con la somma di micro, piccole e quasi tutte le medie aziende), mentre il 40% si. Di queste, il 57% ha la sede principale all’estero, il 43% in Italia. Sul totale del panel, il 66% delle imprese svolge attività di assicurazione o riassicurazione; il restante 34% vede una prevalenza del settore Energy & Utilities, seguito da Infrastrutture, Trasporti e Logistica, Ambiente e Ripristino, Consulenza, IT e Technology.

ESPOSIZIONE E PERCEZIONE

Fra le aziende di ambito non assicurativo Il 61,38% si ritiene esposta a possibili rischi catastrofali. Alla domanda sul tipo specifico di esposizione, quattro aziende su dieci si ritengono vulnerabili su più fronti, in particolare quelli tipici di un’area idrogeologicamente complessa, come terremoti e alluvioni. Fra quelle che individuano una sola specifica tipologia di rischio, il 20% menziona il terremoto, il 7,7% eventi meteorologici estremi in generale (grandine, bombe d'acqua, tornado), una percentuale uguale (7,7%) si ritiene vulnerabile al rischio incendi/wildfire, il 3% teme attacchi terroristici, mentre il 6% menziona rischi afferenti all’ambito cyber e IT con conseguente perdita o furto di dati. Il 15,6% delle aziende non è stata in grado di nominare una specifica vulnerabilità, ma ha comunque espresso preoccupazione sulle conseguenze che gli eventi catastrofali possono avere in termini di business interruption, quali possibili danni alle infrastrutture o alle reti di trasporto. 

Il 78% delle aziende del campione dichiara di non aver mai subito danni catastrofali. Fra quelle che ne sono state vittime, il 16% non è in grado di fornire una quantificazione del danno, per l'8,25% si tratta di un danno molto limitato (sotto i 10.000 euro), per il 19,75% un danno tra 100 e 500mila euro, per il 29% un danno compreso tra 1 e 2 milioni di euro, per il 16,6% tra 5 e 10 milioni di euro, mentre per il 10,4% la perdita economica diretta è stata superiore ai 50 milioni di euro. 

La percentuale di aziende che ha acquistato strumenti per la copertura di rischi catastrofali arriva al 60%, un dato coerente con l'ammontare di coloro che riconoscono la propria esposizione. Quasi tutto il campione (96%) fa affidamento su una polizza assicurativa (all'interno di una polizza all-risk o multirischio nella maggior parte dei casi, secondariamente con una copertura specifica per catnat), il 13,27% ricorre a uno strumento finanziario (principalmente derivati o BTP), mentre il 17,35% ha implementato altre tipologie di misure, quali un'attenta analisi dei rischi e azioni di prevenzione delle perdite con ritenzione del rischio residuo, oppure si è dotato di siti di disaster recovery o piani di continuità operativa. La copertura è fornita nella maggior parte dei casi (91%) da una compagnia di assicurazioni, nel 9% da una compagnia captive. I rischi coperti sono principalmente quelli del ramo property (78,57%), seguiti da quelli per interruzione d'attività (51,79%), casualty (33,93%), mentre il 13% indica anche rischi legati a cyber, inquinamento e responsabilità professionale. 

Considerando il 40% di aziende italiane che non ha mai acquistato una copertura per rischi catastrofali, la motivazione principale (citata dal 41,18%) è che vengono percepite come trascurabili le conseguenze e gli eventuali danni derivanti. Per il 22,06% il problema primario è l'eccessivo costo delle misure di protezione, per il 10,29% la mancanza di un’offerta adeguata, mentre il 35,29% ha segnalato altri motivi (come la mancanza di esposizione o l'ignoranza degli strumenti di copertura). Alla domanda su quali ragioni potessero incoraggiare o spingere l'uso di prodotti assicurativi per le catnat, le principali risposte fornite sono state le seguenti: aumento delle catastrofi naturali dettate dal cambiamento climatico; garantire la continuità aziendale; incentivi e / o contributi governativi; obblighi normativi; aumento della consapevolezza dell’esposizione al rischio.

Cosa offre effettivamente il mercato? Fra le società rispondenti che svolgono attività assicurativa, il 90% propone soluzioni per i rischi catastrofali, principalmente (34%) all’interno di polizze All Risk o Multirischio, come copertura Stand alone nel 31% dei casi, come estensione di altra polizza (soprattutto Property) nel 27%, mentre l’8% propone altre metodologie. La maggior parte delle soluzioni (77%) copre tutti i rischi catastrofali, ma solo il 10% comprende i danni indiretti da interruzione di attività. L’indagine ha quindi chiesto se la società emette o ha mai emesso CAT bond o prodotti similari, richiedendo in entrambi i casi di specificare le caratteristiche (se sì) o le motivazioni ritenute di ostacolo all'emissione. La stragrande maggioranza (82%) non è a conoscenza delle caratteristiche dei CAT bond emessi o dichiara di non poterli divulgare. Il restante 18% riporta diverse risposte tra cui prodotti triennali a copertura di terremoti, alluvioni e tempeste, prodotti di investimento ibridi, contratti First risk o full value assoluto, obbligazioni CAT a copertura dei cumuli di rischio. Quasi la metà degli assicuratori non ha alcuna familiarità con lo strumento CAT bond o li ritiene uno strumento complicato da comprendere e quindi da offrire ai clienti, mentre un terzo non conosce i motivi per cui l'azienda non considera il loro utilizzo. Il 13% ha risposto che i CAT bond sono stati esclusi a causa di decisioni aziendali strategiche, mentre il 10% afferma che, avendo una base clienti di piccole / medie dimensioni, le loro esigenze sono sufficientemente coperte con le tipologie di prodotti assicurativi già offerti.

COMMENTI E CONCLUSIONI

La percentuale di imprese che si ritiene esposte a possibili rischi catastrofici (quasi il 62%) mostra una buona consapevolezza, ma allo stesso tempo è ancora lontana dall'essere una visione realistica di quello che è lo scenario attuale dell'Italia, dove un'elevata vulnerabilità - data dalla conformazione geologica - a fenomeni quali terremoti e alluvioni si aggiunge all'aumento degli eventi catastrofici dovuti ai cambiamenti climatici. Questo scenario è molto chiaro a chi è consapevole della propria esposizione, tanto che rischi come terremoti, alluvioni e fenomeni meteorologici estremi sono citati da quasi il 70% degli intervistati. La percentuale di coloro che non hanno familiarità con lo strumento CAT bond è alta e significativa. Il mercato, sia dal lato della domanda che dell'offerta, necessita azioni correttive che potrebbero spingere all'utilizzo di coperture del rischio catstrofale.

La domanda è: i CAT bond rappresentano una risposta efficace al bisogno di copertura per i rischi catastrofali delle aziende italiane? Se si, quali sono i limiti alla loro diffusione?

  • Dal punto di vista finanziario i CAT bond garantiscono rispetto alle coperture assicurative importanti vantaggi economici, ma c’è da lavorare sul metodo di determinazione del pricing e sulla sua trasparenza nei confronti delle aziende clienti
  • La loro scarsa diffusione, come evidenziato dall’indagine, è sicuramente legata anche alla scarsa conoscenza e diffusa confusione (tra le aziende, ma soprattutto tra gli operatori del settore assicurativo) di questi strumenti e delle differenze rispetto alle coperture assicurative
  • Esistono in Italia dei vincoli giuridici che possono giustificare il limite sia alla domanda che all'offerta di obbligazioni CAT come possibile alternativa alle coperture assicurative, in particolare mancano forme contrattuali standard e linee guida che potrebbero facilitarne la diffusione

La ricerca completa è disponibile in allegato


Documenti

Paper Ivass - DIMAF 2-20.pdf

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