Covid e coperture di Business Interruption
23/04/2021 Autore: Avv. Giorgio Grasso - BTG Legal e Socio ANRA
Le disposizioni del Governo per la sospensione delle attività nei primi mesi della pandemia hanno determinato l’interruzione del business per molte imprese, ma in genere le polizze non prevedono questo specifico tipo di rischio, con ulteriore danno per le imprese.
La diffusione mondiale del coronavirus ha portato a un aumento dei sinistri assicurativi in molti rami tradizionali. Uno dei settori maggiormente colpiti (ma anche foriero di contestazioni tra contraenti e assicuratori, nonché tra assicuratori e riassicuratori) è la copertura per l’interruzione di attività (cd. business interruption).
Sin dallo scorso febbraio, le aziende hanno subìto (e stanno ancora subendo) rilevanti danni a causa dell’interruzione di attività dovuta, al di là dei fermi governativi, al rallentamento - se non al blocco - della supply chain o, ancora, alla "perdita di attrattività" (si pensi ad esempio alla mancata presenza di turisti o viaggiatori per il settore del turismo e dell’accoglienza). Indubbiamente, la crescita per richieste (coperte o meno) di indennizzi a titolo di B.I. è dovuta ad una maggiore interdipendenza tra aziende, supply chain globale e processi di produzione.
Solitamente, la copertura per la perdita di profitti in caso di interruzione di attività d’impresa viene fatta rientrare nel ramo property (che scatta, ad esempio, a causa di un incendio o un’alluvione o un altro evento esterno che comporti un danno fisico) e, come tale, è connessa alla perdita fisica o al danneggiamento di beni che provochino detta interruzione (c.d. requisito di materialità del danno). L’evento virus, e in generale l’esplosione di epidemie, dunque, non rientrerebbe nel trigger di polizza.
I “paletti” della polizza
In ogni caso, da un lato, sarà certamente necessario esaminare attentamente (e in maniera globale) il concetto di alcune definizioni di polizza, come “danno”; “fatto dannoso” oppure “evento non escluso”.
Più nello specifico, quanto in generale alla locuzione “danni materiali”, la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione fornisce indicazioni utili in tal senso: nella sentenza n. 5541 del 2012 la Corte riferendosi ai “danni materiali” li qualifica in un inciso della sentenza proprio come “alterazione degli elementi strutturali del bene in modo da renderlo diverso da quello originario”.
Essendo il Covid-19 una malattia virale infettiva che attacca animali e uomini, risulta difficile riscontrare possibili “alterazioni degli elementi strutturali” dei beni mobili e immobili assicurati. Il danno causato dal virus è di tipo biologico (fino a prova contraria) ed è certamente idoneo a causare (direttamente) sinistri ai sensi di polizze malattia o infortuni, più difficile potrebbe essere dimostrare l’impatto “materiale” sulle polizze all-risks.
Dall’altro, occorrerà esaminare il collegamento tra le sezioni di polizza, e, dunque, tra copertura “Danni indiretti” e copertura “Danni diretti”.
Una potenziale esposizione a sinistri di minore entità potrebbe derivare dalle estensioni di garanzia, per eventi non legati a danni materiali e diretti (cd. Non-Damage BI) come le malattie infettive (tuttavia solitamente connesse a dei sotto-limiti contenuti). La protezione fornita da queste polizze riguarda essenzialmente la perdita di profitto; generalmente i danni derivanti da questa estensione risultano coperti solo qualora l'ubicazione assicurata venisse chiusa a causa di un'epidemia.
Le coperture Contingent Business Interruption
Altra soluzione offerta dal mercato assicurativo internazionale (soprattutto americano) è quella delle polizze di c.d. “Contingent Business Interruption - Cbi”, la cui copertura si estende ai danni causati dall’interruzione per eventi che abbiano colpito beni appartenenti non all’assicurato, bensì ai fornitori o ai clienti (supply chain disruption).
Le polizze di questa categoria, poi, solitamente hanno un periodo di durata entro il quale circoscrivere i danni da interruzione della produzione o dell’attività, che può variare a seconda dei termini pattuiti. L’aspetto non è di secondaria importanza, perché attiene all’effettivo godimento della copertura assicurativa: a seconda dei termini, il periodo impiegato per riprendere le attività, una volta venuta meno la causa interruttiva, potrebbe non essere coperto.
Le polizze Cbi, oltre ai danni fisici a beni e strutture, possono ricomprendere anche le spese straordinarie cd. Contingent Extra Expenses - all’interno di un intervallo denominato Period of restoration - che l’assicurato debba sostenere per riprendere il proprio ciclo ordinario.
Sebbene molti dei principi che reggono queste polizze siano in origine estranei al nostro sistema giuridico, è certo che ai fini della risarcibilità del danno sia necessario rifarsi alle nozioni di causalità del nostro ordinamento, come la consolidata teoria della causalità adeguata, fondata su un criterio di prevedibilità (id quod plerumque accidit).
Il lockdown è ordine generico
Va altresì aggiunto che alcune polizze assicurative per l'interruzione dell'attività possono prevedere un'estensione della copertura per "Ordini delle autorità civili" che abbiano negato l’accesso ai locali assicurati. Tuttavia, sarà necessario prestare particolare attenzione ai termini di tale estensione, per determinare se certi avvertimenti e/o provvedimenti delle autorità rientrino nell’ambito della copertura: un lockdown generalizzato, come quello deciso dal Governo, difficilmente era previsto nelle polizze (mentre tale estensione solitamente fa riferimento ad ordini di chiusura ad personam). Senza tacer del fatto che, affinché la copertura sia operativa, solitamente si richiede che il sinistro produca un danno materiale ai beni assicurati e che il provvedimento sia stato emanato a causa di quell’evento di danno fisico.
È improbabile altresì che le misure precauzionali dell'assicurato, financo la chiusura senza un ordine dell'autorità civile, siano coperte dall’estensione de qua.
Va dato conto della presenza, in alcuni casi, di estensioni per “contaminazione”: in questo caso si potrebbe prescindere dalla presenza di un danno fisico, ma occorre come sempre analizzare nel dettaglio i termini della polizza per comprendere se il contagio da Covid-19 possa rientrare nella copertura. Potrebbe rientrare in copertura ad esempio la disinfestazione dei locali aziendali (qualora la clausola non fosse limitata alla presenza di blatte, ratti o zanzare ma si estenda a casi di legionella, salmonella e altri patogeni).
Il caso particolare di turismo e spettacolo
Altra possibile estensione è quella riguardante la perdita di attrattività (connessa, ad esempio, alla mancata presenza di turisti o viaggiatori), per la verità poco diffusa nel nostro Paese, per la quale il requisito della perdita fisica può non essere necessario, essendo collegata ad altri fattori esogeni, come attacchi terroristici, rischi politici o, potenzialmente, il contagio da Covid-19.
In ogni caso, le polizze per l’interruzione di attività prevedono usualmente dei limiti temporali precisi di copertura, oltre i quali le perdite eventualmente subite non vengono più indennizzate. Inoltre, gli assicurati, come per tutte le polizze, hanno l’obbligo di adoprarsi per minimizzare le perdite trovando alternative per garantire la continuità aziendale, come il ricorso allo smart working. Sotto questo aspetto, le aziende hanno introdotto questa e molte altre misure, in ossequio ai decreti governativi (con l’effetto collaterale, tuttavia, di esporsi a maggiori rischi di attacchi cyber).
Un’altra potenziale criticità è quella derivante dalla cancellazione degli eventi (cd. Business entertainment). Va attentamente esaminato se nel testo ci sia una esclusione per cancellazione conseguente a “malattia trasmissibile” oppure se il trigger sia collegato solamente alla cancellazione per ordine di un’autorità governativa (vedasi quanto già detto sopra).
UK in favore degli assicurati
Infine, non va sottaciuto che ha avuto grande eco nel mercato la pubblicazione della sentenza resa dall’Alta Corte del Regno Unito sul test case della Financial Conduct Authority (FCA) (equivalente del nostro IVASS) in relazione alla business interruption dovuta al lockdown, pronunciandosi a favore degli assicurati sulla maggior parte delle questioni chiave. Tuttavia, non può certo costituire questo arresto un termine di paragone per il nostro panorama, in quanto (i) le polizze B.I. distribuite in UK hanno clausole distinte rispetto a quelle usualmente presenti sul mercato nazionale; (ii) trattandosi di un distinto sistema giuridico, ben difficilmente il giudice italiano si lascerebbe influenzare da tale provvedimento.
Pur se un principio del test case è utile per future riflessioni: la pandemia da Covid-19 e la risposta del governo britannico è da considerarsi come un’unica causa del danno coperto, che è un requisito fondamentale per il pagamento dei sinistri.
In ogni caso, in definitiva, non si può non sottolineare come sia difficile dare una risposta univoca al quesito iniziale, dovendosi demandare piuttosto le conclusioni a un’attenta analisi del wording (e dei rapporti precontrattuali intercorsi, come ad esempio, l’apporto, o meno, di un intermediario, nel momento di negoziazione del testo).