La sfida del digitale per le Pmi
31/05/2021 Autore: redazione ANRA
Il 2020 ha aumentato la consapevolezza delle Pmi sulla necessità di un aggiornamento tecnologico della propria attività. Una survey condotta dall’Osservatorio Innovazione Digitale mette in luce però un approccio privo di visione strategica.
Sono quasi 220 mila le PMI in Italia, un segmento che pesa per il 41% del fatturato nazionale, il 38% del valore aggiunto e il 33% degli occupati: la digitalizzazione per questa categoria è quindi un passo fondamentale per la modernizzazione dell’industria italiana.
Anche per le PMI come per aziende più grandi, durante la congiuntura economica negativa dell’ultimo anno il digitale ha rappresentato un'opportunità, ma ha reso nel contempo evidenti i ritardi di adeguamento ai nuovi modelli. Su questo aspetto, si attende la spinta che potrà arrivare dal progetto di digitalizzazione contenuto nel PNRR.
La crisi innescata dalla pandemia ha rappresentato per le PMI una spinta obbligata verso quegli strumenti digitali che aiutino da un lato a portare avanti l'operatività aziendale e, dall’altro, a sostenere i fatturati in forte contrazione.
La situazione complessiva è disegnata dai risultati della survey realizzata dall’ Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI in collaborazione con Capterra e presentati lo scorso 20 maggio.
Emerge dalla survey l’evidenza che per una PMI, intraprendere un percorso di trasformazione digitale non è solo questione di adeguamento tecnologico ma è soprattutto un problema di cultura digitale, strategica e operativa.
“Sul campione analizzato, le PMI più mature digitalmente mostrano una più elevata resilienza e produttività: risultano avere in media prestazioni economiche migliori rispetto alle altre in termini di utile netto (+28%), margine di profitto (+18%), valore aggiunto (+11%), ed EBITDA (+11%), oltre ad avere riscontrato minori rallentamenti operativi quando si è verificata l’emergenza da COVID-19”, ha evidenziato Andrea Rangone, Responsabile Scientifico degli Osservatori Digital Innovation.
Più attenzione all’ecommerce, meno al lavoro da remoto
Le PMI che fanno eCommerce, storicamente in ritardo rispetto alle grandi imprese e alle controparti europee, sono cresciute di oltre il 50% rispetto al periodo pre-Covid: tale aumento è imputabile prevalentemente ad una maggiore presenza su piattaforme eCommerce di terze parti, cui le PMI si sono rivolte per riuscire a raggiungere nuove fette di clienti durante i periodi di chiusura forzata dei canali fisici. Per 4 PMI su 10, infatti, l’eCommerce sarà una priorità di investimento per il 2021.
Il ricorso al lavoro da remoto, le pratiche di rotazione dei turni dei dipendenti e le esigenze di distanziamento sociale hanno portato ad un incremento dell’adozione di soluzioni digitali per lo scambio di dati e informazioni aziendali. L'accessibilità dei dati e delle informazioni al di fuori degli edifici aziendali, è però raggiunta completamente solo dal 3% delle PMI, nella maggior parte dei casi, infatti, l’accesso è consentito esclusivamente (18%) o prevalentemente (53%) presso la sede.
La gestione in maniera elettronica di almeno una parte dei propri documenti aziendali è generalizzata (9 aziende su 10), e si è registrato un forte aumento dei servizi in Cloud (utilizzati dal 69% delle PMI) dovuto principalmente a un maggiore utilizzo dei servizi software di base e in minor parte a investimenti infrastrutturali in Cloud. La survey rileva un crescente interesse verso la sicurezza informatica e l'analisi dei dati, ma solo il 37% delle PMI utilizza soluzioni avanzate di security e solo il 12% ha svolto progettualità che sfruttano i big data.
La trasformazione digitale delle PMI pare però seguire una politica di piccoli passi, con l’adozione di servizi e strumenti operativi che però non è accompagnata da una revisione strategica dei processi: solo il 9% delle realtà possiede un approccio “avanzato” rispetto al digitale, ossia cerca di anticipare il cambiamento con una visione strategica del percorso di innovazione. L’aspetto più critico per un’evoluzione consapevole è la mancanza di know-how, con il 42% delle PMI che dichiara di possedere competenze digitali basse (17%) o distribuite in maniera non omogenea tra il personale aziendale (25%).