25 novembre, intervista a Stefania Bartoccetti di Telefono Donna
25/11/2022 Autore: ANRA
In occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, ANRA incontra la fondatrice dell'associazione di volontariato per il supporto alle donne vittime di violenza, partner dal 2019
Rispetto, supporto e condivisione sono soltanto alcune delle mattonelle necessarie a lastricare l’ancora lungo cammino finalizzato all’eliminazione della violenza di genere, una questione che oggi più che mai, in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, diventa argomento centrale di riflessione a più livelli: istituzionale, economico, sociale. Un tema a cui la nostra Associazione non può rimanere indifferente e che vogliamo evidenziare a nostra volta, diventando parte delle voci che si alzano, oggi più che mai, per denunciare l’ingiustizia di cui ancora molte donne sono vittime. In questo 25 novembre, abbiamo pertanto scelto di farci cassa di risonanza di Telefono Donna, l’associazione di volontariato con base all’ospedale Niguarda che da 30 anni offre alle donne vittime di violenza un servizio di supporto costante attivo 24 ore su 24, partner ANRA dal 2019. Abbiamo infatti avuto l’occasione di intervistare la sua fondatrice, la giornalista Stefania Bartoccetti, per analizzare insieme le criticità e le possibili soluzioni di una tematica ancora, purtroppo, attuale.
Nel luglio 2020, durante un’intervista rilasciata ad ANRA, i dati relativi alle donne che ricorrevano all’assistenza di Telefono Donna riguardavano una fascia di età giovane (il 30,3% tra i 31 e i 40 anni, con il 22,8% le 18-30enni e le 41-50enni), di nazionalità italiana (nel 61,6% dei casi), con un buon livello di istruzione (il 48% in possesso di un diploma superiore, mentre il 12,5% in possesso di una laurea) e in più della metà dei casi (56%) si trattava di lavoratrici, una percentuale in crescita. Può fornirci una panoramica dei dati in vostro possesso aggiornata al 2022?
Il report relativo al 2022, che analizza il periodo compreso tra gennaio e fine ottobre, ci mostra 335 nuovi accessi che vanno ad aggiungersi alle 77 donne già prese in carico in precedenza, con una concentrazione di richieste relativa ai mesi di maggio e giugno (il 29,9%). Si tratta ancora, perlopiù, di donne di nazionalità italiana, dove troviamo un aumento al 64,77%, di cui il 30,7% appartiene a una fascia di età compresa fra i 36 e i 45 anni. Anche quest’anno, più della metà ha un buon livello di istruzione, dove il 51,6% è in possesso di un diploma superiore e il 12,8% di una laurea.
All’epoca aveva dichiarato che il contesto lavorativo “rappresenta per queste donne l’unica via di fuga dal disagio familiare”. In quale modo l’azienda può dare supporto alle vittime di violenza?
Creando un luogo di accoglienza, di condivisione e di supporto. Il lavoro rende autonome sotto il profilo economico e consente il consolidamento della propria autostima che, invece, il maltrattamento inibisce.
In occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, occorre ricordarsi che la violenza non è soltanto fisica, ma anche psicologica ed economica. Un breve accenno al gender pay gap, che secondo il rapporto Eurostat 2022 riguarda in particolar modo proprio il mondo della finanza dove gli uomini guadagnano il 20 per cento in più rispetto alle colleghe. Quanto influisce questa disparità salariale sulla possibilità delle vittime di violenza di liberarsi da un compagno maltrattante e come si potrebbe intervenire per ridurre il gap?
Serve un riconoscimento delle capacità delle donne che a scuola ottengono voti migliori degli uomini e che nel lavoro si distinguono: serve cambiare visione e approccio alla situazione e le aziende possono dare l’esempio.
Durante il suo intervento in Parlamento, lo scorso 22 novembre, ha evidenziato una situazione che ha definito “schizofrenica”, ovvero come le donne siano al contempo spinte a perseguire una carriera dalla società ma al tempo stesso scoraggiate a farlo da parte dei partner: quale potrebbe essere il motivo di quello che ha definito “un’accelerazione sul maltrattamento” e quale una possibile soluzione?
La donna indipendente e autonoma sfugge al controllo del maltrattante, pertanto deve essere ricondotta, con le più svariate ragioni, alla sottomissione. Tante sono le donne che accettano di rinunciare al lavoro e alla carriera per non compromettere il rapporto con il partner, entrando in un circuito di soprusi e ricatti.
Dopo l’impennata di casi di femminicidio post-pandemia, sembra che il 2022 abbia registrato un calo, seppur minimo, di episodi di violenza. Eppure il numero resta ancora alto nonostante l’introduzione, negli ultimi anni, di importanti dispositivi come il Codice Rosso o, a livello locale, il Protocollo Zeus. Le forze dell’ordine hanno comunque bisogno del supporto di un centro antiviolenza per affrontare questo tipo di casi: perché?
La donna maltrattata ha necessità di una presa in carico ad ampio raggio: ascolto, supporto psicologico, supporto legale, visite mediche, inserimento in una casa rifugio, protezione per i figli, ecc… Tutti servizi che un centro antiviolenza può offrire gratuitamente.
E quali passi si potrebbero compiere per dare supporto alla macchina giuridica?
Serve che vengano assegnate velocemente pene adeguate al reato commesso aumentando il numero degli addetti.
Finora abbiamo parlato di come viene affrontato un episodio di violenza ormai manifesto, ma spesso i soggetti coinvolti hanno alle spalle una educazione disfunzionale che li ha privati degli strumenti necessari a sviluppare un rapporto affettivo “sano”: quali progetti possono essere messi in campo per limitare, se non eradicare i messaggi scorretti (es. il possesso) promuovendo al tempo stesso la controparte positiva (es. il consenso)?
Serve un approccio culturale che combatta gli stereotipi e offrire modelli di riferimento differenti.
Chiuderemmo questa intervista con una domanda che ci riguarda da vicino: quale apporto possiamo dare, in quanto Associazione, nella lotta alla violenza di genere? Che messaggio possiamo trasmettere ai nostri Associati per veicolare al meglio questi temi e contribuire a un aumento della consapevolezza a riguardo?
Credo che ogni datore di lavoro possa dare il proprio contributo garantendo adeguati riconoscimenti all’apporto del singolo soggetto: il mondo del lavoro invece spesso penalizza le donne. Bisogna offrire servizi di welfare aziendale per sostenere la genitorialità e promuovere seminari e momenti formativi per il superamento degli stereotipi e su questi aspetti Telefono Donna potrebbe proporre iniziative ad hoc, oltre ad offrire a ciascuna azienda pacchetti di consulenze/colloqui di sostegno per il personale femminile bisognoso di aiuto. Proporre anche iniziative di vago per favorire il migliore clima aziendale, stabilendo giornate in cui la singola azienda è aperte ai familiari e ai giochi dei bambini. Certo su questo aspetto ci sono tantissime proposte, così in due parole è complicato…
Per saperne di più sulla giornata, alcuni degli appuntamenti dedicati:
Cambiamo le regole! La violenza di genere nelle relazioni tra adolescenti | CAM Romana Vigentina - corso di Porta Vigentina, 15 | dalle ore 17.30 alle ore 19.30
Sostenibilità è Donna. Attenzione, Empatia, Condivisione, Ascolto, Sostegno | Palazzo Moriggia - via Borgonuovo, 23 | dalle ore 17 alle ore 19
Sulla nostra pelle. Apriamo le stanze di Barbablù | Auditorium Stefano Cerri - via Valvassori Peroni, 25 | ore 20.30