Maltempo, l’impatto del cambiamento climatico sul Risk Management

27/07/2023 Autore: redazione ANRA

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Tra lunedì 24 e martedì 25 luglio l'intera nazione è stata oggetto di fenomeni climatici estremi causati dal cambiamento climatico. Quale l'impatto di questa tematica sulle imprese?

I violenti temporali, gli incendi e le grandinate a cui abbiamo assistito dall’inizio della settimana e che hanno causato centinaia di milioni di danni sono stati, secondo gli esperti, il lascito drammatico sul territorio nazionale degli anticicloni Cerbero e Caronte, il cui passaggio ha dato vita a fenomeni meteorologici innaturali per l’area Mediterranea.

In particolare, gli episodi di maltempo che hanno flagellato le regioni del Nord Italia tra lunedì a martedì risultano essere la conseguenza delle “supercelle”, un fenomeno tipico degli Stati Uniti in grado di sprigionare una quantità di energia straordinaria causata dall’incontro fra correnti d’aria calda e fredda dando vita a piccoli cicloni. La motivazione alla base è soltanto una: il cambiamento climatico.

«Gli eventi meteorologici e climatici estremi con impatti quali inondazioni e siccità diventeranno probabilmente più frequenti in molte regioni – commenta Raffaele Salerno, Direttore, Chief Science Officer, Chief Operations Officer e co-fondatore di Meteo Expert nonché Socio ANRA -. Gli impatti e la vulnerabilità dei sistemi naturali antropici sono però disomogenei, come abbiamo visto negli ultimi tempi negli eventi occorsi in varie parti del territorio nazionale, da ultimo proprio i violenti temporali e i fortissimi venti a Milano e in Lombardia». Sebbene gli sforzi di mitigazione siano importanti, secondo Salerno gli impatti dei cambiamenti climatici sono inevitabili e continueranno a produrre effetti ancora per parecchi decenni. Quale la soluzione? «È necessario quindi mettere in atto operazioni di adattamento a tutti i livelli, nazionali, regionali, locali, perché occorre limitare la vulnerabilità dei sistemi esposti e rafforzarne la resilienza».

Il cambiamento climatico incide non soltanto sulla quotidianità del privato, ma ha un impatto rilevante anche sulla continuità aziendale agendo su due binari paralleli e complementari: la previsione e mitigazione del rischio fisico collegato a fenomeni estremi (siccità, inondazioni, tempeste) e la necessità di adeguare il proprio piano di operatività ai requisiti richiesti dalle normative attualmente vigenti in materia di decarbonizzazione e riduzione dell’impatto ambientale.

La necessità di prevedere l’imprevedibile porta le aziende a puntare i riflettori sull’unica figura in grado di redigere una strategia di gestione del rischio efficace: il Risk Manager. Una figura che vede aumentare al tempo stesso la propria rilevanza all’interno dell’organigramma aziendale e il volume del bagaglio di conoscenze di cui deve entrare in possesso per poter affrontare le nuove tipologie di rischio emergenti.

«L’impatto del cambiamento climatico sul ruolo e sulle responsabilità del Risk Manager non è indifferente – dichiara Mark Lowe, Socio ANRA e Security and Risk Manager -. Il Risk Manager deve analizzare il potenziale impatto a lungo termine di un argomento che poco o niente conosce, deve attraversare una serie di analisi in modo olistico cercando di capire eventuali frequenze di fenomeni meteorologici particolarmente devastanti, ma anche tenere in considerazione l’impatto su stabilità sociale, stabilità politica e sull’eventualità di ulteriori tensioni geopolitiche».

La sfida rappresentata dai rischi climatici riguarda in particolar modo le aziende di piccole e medie dimensioni, spesso prive di un team strutturato di Risk Management. Secondo l’ultima indagine redatta da Cerved in collaborazione con il Forum di Finanza Sostenibile sulla relazione fra PMI e la necessità di intraprendere un percorso di transizione ecologica, infatti, il 62,5% di aziende intervistate è convinto che i cambiamenti climatici avranno un impatto rilevante sulla continuità operativa nel breve e lungo periodo. Una certezza che porta le stesse a un aumento del livello di consapevolezza sull’importanza di adottare nuovi modelli di business mirati a una maggiore sostenibilità dell’attività. Al tempo stesso, lo studio rivela come quasi la metà delle imprese intervistate (40%) non “sia in grado di stimare l’entità della propria esposizione ai rischi climatici e solo il 10% ha introdotto azioni di mitigazione per fronteggiarli”.   

«Le piccole aziende che non hanno in organico un Risk Manager - sostiene Giorgio Gaglio, Board Member ANRA e Risk Manager Gruppo FAMPI -, devono affidarsi a società di consulenza di Risk Management o Associazioni di categoria che possono fornire assistenza e professionalità tecnica per la mitigazione dei rischi». 

Non avere il necessario supporto tecnico e la necessaria competenza per scegliere le coperture assicurative e le clausole ottimali a tutela dei danni provocati da eventi catastrofici originati da cambiamenti climatici, può essere un errore determinante per la sopravvivenza di una PMI.