FERMA: ecco il profilo dei RM italiani
04/12/2024 Autore: Maria Moro
Dalla survey realizzata dalla federazione europea delle associazioni di Risk Manager emerge il ritratto della comunità italiana dei gestori del rischio. Tra le tendenze si evidenzia una responsabilità verso i fattori ESG e l’interesse crescente per captive e parametriche
Con cadenza biennale FERMA realizza da tempo il suo Global Risk Manager Report per indagare il profilo dei gestori del rischio europei. L’edizione 2024 (in collaborazione con Pwc) è stata allargata ad altre associazioni a livello globale – RIMS (Stati Uniti), PARIMA (Asia), RMIA (Australasia), ALARYS (America Latina), IRMSA (Sudafrica), Club Francorisk (Paesi francofoni) - che hanno fornito un più completo profilo della professione e della sua evoluzione. I risultati dell’edizione 2024 sono stati presentati nel corso dello European Risk Forum che si è svolto a Madrid dal 20 al 22 ottobre scorsi.
Oltre alla visione globale, FERMA ha fornito anche i risultati relativi ai 12 principali Paesi. Tra questi c’è l’Italia, i cui dati di sintesi emergono dalla partecipazione alla rilevazione di 167 tra Risk e Insurance Manager.
Il campione dei rispondenti italiani è costituito per i 2/3 da uomini e 1/3 donne, generalmente di età compresa tra i 46 e i 55 anni; il 37% ha più di dieci anni di esperienza professionale. Nella grande maggioranza dei casi (76%) i Risk Manager italiani lavorano in grandi imprese, nel 45% si tratta di organizzazioni private, nel 39% di società quotate.
Rispetto ai settori, la metà dei gestori del rischio nostrani (49%) opera nell’industria, il 25% nei servizi, il 18% nel pubblico e il 9% nei servizi finanziari; più nel dettaglio, gli ambiti maggiormente rappresentati sono Infrastrutture ed Energia & utility (entrambi al 13%), il Manifatturiero (11%) e i Servizi professionali e di business (11%).
Guardando alla retribuzione, il 34% guadagna tra i 60 e i 100 mila euro l’anno: la media è 93 mila euro, ma potrebbe sussistere un pay gap tra uomini e donne, con i primi che si attestano su una media di 98 mila euro e le seconda sugli 81 mila. In relazione ai profili professionali, a guadagnare meno è chi si occupa di ERM (85 mila euro), mentre gli Insurance Manager si attestano sui 96 mila; per chi copre entrambi i ruoli il compenso medio è di 109 mila euro.
Proprio considerando i profili e le responsabilità del campione, la maggior parte dei partecipanti alla survey si occupa di ERM (56%), il 21% di Insurance Management e il 23% copre entrambi i ruoli; le sei responsabilità più attribuite sono la Business continuity e l’Internal audit (tutte e due al 13% del campione), l’Internal control (12%), la Compliance (10%), la Strategia e la Qualità (entrambe 8%).
Le principali attività su cui sono focalizzati i Risk Manager sono lo sviluppo delle mappe di rischio (73%), la quantificazione del rischio (62%), la formazione e la diffusione della cultura del rischio (59%). Per quanto riguarda gli Insurance Manager, invece, la principale attività riguarda la Gestione delle policy assicurative, dei sinistri e la loss prevention (81%), la Mappatura assicurativa (50%) e la Progettazione e implementazione delle strategie di finanziamento del rischio (48%).
Le prospettive tra minacce future e trasferimento del rischio
I Risk Manager sono stati interpellati anche in relazione alle attese per il futuro nel breve e medio periodo. I rischi che focalizzano la loro attenzione per il prossimo anno saranno principalmente gli attacchi cyber (58%), la gestione dei talenti (48%) e il contesto di incertezza economica (45%).
Lo sguardo a tre anni si concentra sui rischi dell’evoluzione tecnologica, con al primo posto l’uso dell’IA (43%; da notare che la metà dei Risk Manager ritiene questo rischio sottovalutato dal management), al secondo la velocità del cambiamento tecnologico (41%) e al terzo, a pari merito, l’uso delle nuove tecnologie e la regolamentazione (39%). Più in prospettiva, i rischi più temibili a dieci anni saranno l’adattamento al cambiamento climatico (44%), l’adattamento verso il Net zero (35%) e il cambiamento nelle abitudini dei consumatori (30%).
Agli intervistati sono state chieste le attese rispetto ai trend del mercato assicurativo che avranno il maggiore impatto nei successivi 12 mesi: le risposte più raccolte sono state, nell’ordine, l’aumento dei premi, la mancanza di prodotti innovativi e i cambiamenti nel wording.
Nei prossimi due anni le strategie delle imprese in ambito di gestione del rischio vedono un forte orientamento per la ritenzione del rischio stesso (64%), il ricorso alle soluzioni captive (23%) e le soluzioni parametriche (23%). È interessante notare come nelle ultime rilevazioni di FERMA siano aumentate le imprese che fanno ricorso alle captive (come già realizzate o nelle intenzioni): nel 2020 manifestava queste intenzioni il 21% degli intervistati, nel 2022 il 28% e nel 2024 il 34%.
Il ricorso a queste soluzioni nei prossimi due anni sarà ricercato per tutelarsi dal rischio Property & business interruption (73%), dal Cyber (47%) e dal General & products liability (40%).
La ragione per la crescita dell’interesse verso queste forme di protezione sta nella preoccupazione diffusa (64% dei rispondenti) che alcune attività o luoghi diventino non assicurabili, a causa soprattutto dei rischi fisici del cambiamento climatico, degli attacchi cyber (entrambe le voci con il 77% delle risposte) e della supply chain disruption (43%).
Infine, uno sguardo al coinvolgimento nelle tematiche ESG, con il 66% dei Risk Manager che afferma di occuparsi della valutazione dei rischi in relazione, appunto, ai fattori ESG. Le principali sfide nell’inserimento degli ESG nei processi di ERM riguardano la difficoltà di quantificare i rischi di sostenibilità (61%), la carenza di dati a supporto delle analisi, del monitoraggio e della quantificazione degli ESG (51%) e la scarsa conoscenza dei rischi di sostenibilità nel team di ERM (29%).